venerdì, ottobre 30, 2020

Steve Vai, il provino improbabile

Oggi il nostro post sarà dedicato a Steve Vai, uno dei più grandi chitarristi, punto di riferimento del rock contemporaneo e ad una sua esperienza a dir poco...impossibile...
Il chitarrista di origini italiane e più precisamente pavesi, per chi non lo sapesse ha la cittadinanza onoraria di Dorno, è conosciuto al mondo come un eccentrico polistrumentista ed uno degli shredder più tecnici ed ammirati...cos'è uno shredder? Semplicemente un musicista che con la sua notevole tecnica e velocità d'esecuzione fa girare la testa e morire di invidia molti suoi colleghi!
 
Molte delle sue competenze tecniche le ha assorbite grazie al suo maestro Satriani, ma è grazie alla sua passione per Frank Zappa che la sua vita e la sua carriera prenderanno definitivamente la strada del successo.
Decide infatti negli anni dei suoi studi presso la Berklee College of Music di Boston di inviare al suo idolo una registrazione della sua band del college, i Morning Thunder ed una trascrizione di "The Black Page" (opera di Zappa famosa per la sua complessità), riuscendo così a farsi notare dal genio che ingaggia il giovane Vai come trascrittore di partiture.

 
 
Arrivato però a questo ambìto traguardo come farsi sfuggire dalle mani una delle sue più grandi occasioni; Steve decide quindi di proporsi come musicista e di partecipare ad un provino per entrare a tutti gli effetti a far parte della band di Zappa.
Vai racconta sempre del suo terrore quando si presentò al provino: Zappa infatti era sì famoso per essere una leggenda del rock, ma era anche molto conosciuto agli addetti ai lavori per le sue audizioni complicate e stressanti.
 
Rimane infatti nella storia l'audizione di un giovane Steve Lukhater, fondatore dei Toto, che fu letteralmente massacrato da Zappa, gli chiese di suonare alcune battute e ad ogni errore del provinato anzichè farlo riprovare gli richiese continuamente qualcosa di diverso fino a mandare il giovane talento nella crisi più profonda.
 
Steve Vai racconta che durante la sua audition Zappa gli fece prima eseguire una parte di chitarra in modo tradizionale, poi in 7/8 ed in seguito in 7/8 reggae. Non soddisfatto ed un po' sadicamente (io me lo vedo il buon vecchio Frank con un ghigno satanico sotto i baffi) aggiunse una nota dopo l'altra fino a rendere la parte fisicamente impossibile da suonare per qualsiasi essere umano dotato "solamente" di dieci dita...
 
Steve a questo punto affranto si bloccò ed ammise di non riuscire ad eseguire la richiesta, voltò le spalle in segno di sconfitta e con la coda tra le gambe si diresse verso l'uscita per tornarsene a casa, ma a quel punto Zappa lo fermò dicendogli...Sei nella band!!!
 
Che altro aggiungere, tutto il resto è storia.
 
Rock and Roll
 
 

venerdì, ottobre 23, 2020

ESSERE O NON ESSERE TRIBUTE/COVER BAND?



Partiamo con il definire il significato di cover e tribute band. 

Le cover sono gruppi che s’ispirano all’originale facendone un’interpretazione propria, nella maggioranza dei casi questi musicisti restituiscono “un prodotto vero”, traducibile molto spesso in un successo in piena regola, al punto che, alcune di esse, sono riconosciute ufficialmente dal gruppo originario, con tanto d'investitura ufficiale.
Mentre le tribute band sono il tentativo di clonare un altro artista, l’obiettivo non è “essere qualcuno”, ma “qualcun altro”. Annullando la propria identità artistica per assumerne una (famosa) in prestito, sia musicalmente che visivamente: cambiano solo le persone rispetto alla band originale.
Inoltre seguono musica di un solo artista o gruppo e propongono esibizioni ricalcate sulle scalette originali adottando gli stessi impianti scenici (luci, scenografie ecc.), gli stessi strumenti e, nel caso siano importanti, gli stessi costumi. In alcuni casi utilizzando materiale originale appartenuto all’artista “coverizzato”.

Si tratta di un fenomeno che da molti viene giudicato negativamente. Eppure, nella musica classica, ad esempio, nessuna orchestra sinfonica esegue materiale originale, solo raramente propone quello composto dal proprio direttore. Ben pochi interpreti eseguono musica propria. E’ considerato un dato di fatto. 
Allora perché nel rock sì? 
Forse perché in questo tipo di operazioni, creatività e originalità sono spesso bandite. Ma, alla luce di quanto avviene in altri ambiti musicali, andrebbe rivisto. 
Tanto più se si parla di tribute band, il cui lavoro, come si accennava all’inizio, è frutto non solo di studio e riproposizione perfetta di brani musicali di un gruppo o artista, ma anche di tutto quanto vi fa da contorno: dal tipo di chitarra usato per quell’assolo, alla scaletta precisa del concerto riproposto, dal tipo di luci ecc. Tutto frutto di ricerche accurate e del recupero di tutto il materiale occorrente. Sono la riproposizione vivente di vecchi storici gruppi di cui magari esistono pochissimi filmati, questo tipo di concerti è quanto di più vicino si possa immaginare a un concerto “vero” del gruppo amato. Vi siete persi i Genesis con Peter Gabriel negli anni 70? Il concerto dei canadesi Musical Box può darvi davvero l’illusione di un salto indietro di 45 anni. Loro sono talmente perfetti da aver conquistato gli stessi…;Genesis: “Non sono solo una tribute band”, ha detto Phil Collins, “hanno preso un periodo storico e lo stanno riproducendo fedelmente nello stesso modo in cui qualcun altro realizzerebbe una produzione teatrale”. Ecco lo spirito giusto dell’operazione: non c’è niente di negativo. E poi, .."suonano meglio di quanto facessimo noi!”, ha concluso Phil, mentre si dice che Peter Gabriel abbia portato suo figlio a vedere lo spettacolo per mostrargli cosa faceva il padre “quand’era giovane ”…

Sulla piazza italiana vi segnalo le seguenti band che hanno un seguito non indifferente:
- 4 Days (Lombardia) Tributo a Elisa. Formata da 4 musicisti, la band nasce nel 2007 con l'intenzione di riproporre tutti i grandi successi della cantautrice di Monfalcone in una chiave più "rock", mantenendo però fedelmente gli arrangiamenti originali;
- Animali di zona (Lazio) Tributo ai Litfiba. Rock aggressivo e carica emotiva fanno del loro concerto un'esperienza unica;
- Asilo Republic (Emilia Romagna) Tributo a Vasco Rossi. La band proporre uno spettacolo musicale totalmente dedicato al rocker più famoso d'Italia, ponendo l'attenzione sulle versioni Live ed originali dei brani, dai primi successi fino ai più recenti, cercando di trasmettere l'energia, il coinvolgimento e le emozioni rock che si vivono ai concerti di Vasco;
- Bomba all'Hotel (Toscana) Tributo a Gianna Nannini. Il concerto della band (5 elementi: 1 cantante e 4 musicisti) è un vero evento live, che coinvolge il pubblico e celebra la straordinaria carriera dell'artista senese;
- La Distrazione (Lombardia) Tributo ai Negramaro. La band con straordinaria passione ed entusiasmo vi farà vivere un emozionante concerto. L'estrema somiglianza nella timbrica vocale, nell'interpretazione, nell'impatto sonoro, nell'immagine e nei movimenti fanno dei La Distrazione la più naturale e somigliante tribute band ai Negramaro; 
- Ligabue Cover Band (Toscana) Tributo a Ligabue. Gruppo composto da 5 musicisti che, ormai da anni, propone in tutta Italia uno spettacolo live sulle orme del cantante emiliano.

Concludo con indicare le band più gettonate al mondo; Non esistono statistiche ufficiali sul fenomeno delle cover band, ma grazie a internet è possibile comunque stilare l’elenco dei gruppi più tributati a livello planetario. Who -  Kiss - One direction - Spice girls – Queen – Beatles - Ac/Dc - Rolling Stones - Pink Floyd - Iron Maiden – Abba. 
Possiamo notare come siano presenti le band sempre verdi, più longeve sia dal punto di vista musicale sia anagrafico e che le diverse generazioni apprezzano e ripropongono. Sottolineo anche un fenomeno legato alla riproposizione di gruppi (vedi gli Abba) ai quali ultimamente sono stati dedicati film e musical grazie ai quali mantengono la loro popolarità nel tempo.

venerdì, ottobre 16, 2020

L'eternità in questo 2020 : The Rolling Stones


 

Che fosse un anno funesto lo si poteva già immaginare dato che il 2020 è un anno bisestile e nella cultura popolare sono sempre stati portatori di sventure e disgrazie. Ma nessuno avrebbe potuto pensare di dover affrontare un anno talmente nefasto da dover ricercare motivi e stimoli di sopravvivenza e di speranza. Ma siamo fortunati, e noi amanti del rock, in pieno lockdown abbiamo trovato la forza nella musica delle band che hanno attraversato ogni epoca con sfrontatezza e coraggio. E chi meglio dei Rolling Stones ci ha insegnato la resilienza. " Ok ti farò sapere", era il lontano 1976 e questa fu la risposta di Keith Richards ad un cronista che gli chiedeva quanto ci avrebbe messo a tirare le cuoia. Non era certo il manifesto della salute, ma Keith aggiunse anche " Ho una notizia per voi bastardi: vi seppelliremo tutti". Ed aveva ragione lui. Poche settimane fa, in questo 2020 maledetto, i "vecchi" Rolling Stones sono stati primi in classifica con un disco del 1973, Goats head soup, che all'epoca fu bollato come il disco del declino. Hanno sfidato tutti e tutto e sono ancora qua, con un aurea di eternità che li rende magici. Era il 1977 e si sfiorò una crisi diplomatica per una scappatella tra lo stesso Keith e la signora Maggie, moglie del primo ministro canadese; si schierarono politicamente quando alla caduta del muro di Berlino accettarono l'invito del presidente Havel per un concerto gratuito a Praga con lo slogan "Tanks are rolling out, The Stones are rolling in"; nel 2006 per un concerto un Cina evitano la censura di Stato che poneva il divieto su alcuni loro brani dichiarando "Chi se ne frega, abbiamo altri 200 pezzi !"; dopo il concerto a Cuba nel 2016 contestano la visita del Papa, che avviene qualche giorno dopo, con parole al vetriolo "Ha una bella faccia tosta, quello: un anno che ci lavoriamo e arriva lui ? Che aspetti il suo turno". L'immortalità passa anche dalla voglia di dire e fare quello che si vuole, sempre, contro tutti  e contro tutto. 1982, durante il mundial azzurro, si permettono di trattare a pesci in faccia gli Agnelli, promotori del tour degli Stones in Italia.

Malavita, dolce vita e saper stare al mondo, nel mondo. Ed ora si preparano a pubblicare il nuovo album dopo ben 16 anni, mentre tutta l'industria della musica paga lo scotto del Covid, ed a proseguire la loro carriera fino al 2022-2023, celebrando i 60 anni di attività e gli 80 anni di Keith e Mick. Gli immortali non si arrendono mai.......grazie Stones per il vostro insegnamento.


venerdì, ottobre 09, 2020

Identità Musicale: Omaggio ad Eddie Van Halen

 


So che è banale scrivere un post per un artista recentemente scomparso, ma la prematura morte di Eddie Van Halen non rende questo fantastico chitarrista un mito.....perchè lo era già da vivo!!

Edward Lodewijk van Halen, detto Eddie, era il minore dei due figli di Jan Van Halen, sassofonista e clarinettista Jazz di Amsterdam, e di Eugenia Van Beers. Cresciuto fino a sette anni in Olanda si trasferisce poi con l'intera famiglia a Pasadena, negli Stati Uniti.

In realtà la sua passione da piccolo era il calcio ma comincio ad avvicinarsi alla musica seguendo il fratello Alex, prima imparando pianoforte e batteria, successivamente a dodici anni ha un'illuminazione quando prende in mano per la prima volta la chitarra del fratello, non lasciandola più. IL fratello poi passò così alla batteria.

I due fratelli poi nel 1972 fondarono una band insieme al cantante David Lee Roth e al Bassista Michael Anthony, che due anni dopo prese il nome di VAN HALEN.

La Band per più di vent'anni diventò il punto di riferimento sulla scena mondiale dell'Hard Rock tanto che da marzo 2019 i Van Halen sono saliti al ventesimo posto nella lista RIAA degli artisti più venduti negli Stati Uniti con 56 milioni di album negli States e oltre 80 milioni in tutto il mondo.; il gruppo ha inoltre stabilito il record di tredici n.1 nella speciale classifica Mainstream Rock Songs. 
Il canale VH1 ha classificato la band al settimo posto in una lista dei 100 migliori artisti hard rock di tutti i tempi. Nel gennaio 2007, i Van Halen sono stati inseriti nella Rock and Roll Hall of Fame.

Ci sono tante curiosità che avvolgono il mito di questo grande chitarrista, primo fa tutti la tecnica che lo ha reso celebre in tutto il mondo e cioè il tapping: Il tapping consiste nell'utilizzare la mano ritmica (destra per i destrimani, sinistra per i mancini) per suonare delle note (note legate) direttamente sulla tastiera, generalmente usata per suonare intervalli molto larghi, altrimenti molto difficili da eseguire. Eddie divenne un vero e proprio punto di riferimento e maestro del tapping ed in un intervista confessò di aver appreso per la prima volta questa tecnica da Jimmy Page dei Led Zeppelin, usata dallo stesso nel brano Heartbreaker; Eddie lo stava studiando ma non riusciva a trovare un modo per suonare le veloci sezioni legate dell'inizio così, quasi per caso, scoprì il tapping. Nella stessa intervista Van Halen dichiara tuttavia di aver osservato Page mentre suonava note legate con una mano e salutava il pubblico con l'altra durante un live e, prendendo spunto da questo gesto, avrebbe iniziato a sviluppare il tapping. 

Un'altra curiosità era la sua maniacale adorazione per Eric Clapton, all'epoca dei Cream, tanto che all'età di 14 anni sapeva quasi tutti i suoi assoli, più tardi poi dichiarerà che non era mai stato in grado di eseguirli identici a Clapton, che lo considerava un extraterrestre della chitarra, ma di averli poi fatti suoi con la sua tecnica e le sue conoscenze.

Tra le tante collaborazioni di Eddie c'è anche quella con Michael Jackson per il brano Beat It. Quincy Jones, allora produttore di Jackson, lo chiamò per eseguire l'assolo di questa mitica canzone ed Eddie lo fece senza richiedere alcun compensoe e, come si dice, "buona la prima". Quell'assolo diverrà poi un momento chiave del brano rendendolo ancora più bello e riconoscibile; Al tal proposito si può citare un curioso aneddoto: alcuni anni più tardi Jennifer Batten, turnista di Jackson, eseguì lo stesso assolo in uno studio di registrazione in cui, per casualità, era presente anche van Halen; ascoltate le prime note dell'assolo, Eddie si recò nello studio adiacente e chiese a Batten di rifarlo con la sua Kramer 5150. Una volta terminato le chiese di farglielo rivedere perché non avendolo più rifatto dall'epoca della registrazione l'aveva dimenticato.

Forse non tutti sanno che nel primo film di Ritorno al futuro, Mary McFly obbliga il padre ad ascoltare dei rumori che vengono dallo spazio, ma non provengono in realtà dallo spazio. Sono dei suoni che vengono proprio dalla chitarra di Van Halen.


Infine una delle curiosità più affascinanti riguardano la sua mitica chitarra: la mitica FRANKENSTRAT. Eddie se la costruì da solo comprando un corpo ed un manico della Boogie Bodies per circa 80 dollari e, una volta assemblati i pezzi, diede vita a quella che sarebbe poi diventata la sua leggendaria Frankenstrat. A causa dei pick-up single-coil, tuttavia, essa aveva un suono troppo fino rispetto alla Gibson ES-335 usata in precedenza, che montava pick-up humbuckers ma che risultava troppo pesante: fu così che decise di prendere il meglio delle due montando un pick-up della Gibson sulla Frankenstrat allargando l'alloggiamento per il pick-up senza preoccuparsi del risultato estetico. Poi intervenne anche sul look della chitarra, dapprima verniciando strisce nere su fondo bianco (il risultato lo si può vedere nella copertina del primo disco) e negli anni a seguire vennero aggiunte strisce rosse, stile che divenne poi uno dei tratti più riconoscibili dei Van Halen.

Insomma Eddie Van Halen è stato veramente un artista con un'identità musicale, anche i meno appassionati riuscirebbero a riconoscere uno dei suoi mitici assoli, per non parlare di canzoni come Jump, Ain't' talking 'Bout love, Panama e Running with the Devil.

IL DOGUI
 









venerdì, ottobre 02, 2020

Clapton falling in love with Blackie...

Oggi la nostra attenzione sarà rivolta al figlio di una ragazza madre cresciuto con l'illusione che i nonni fossero i genitori, al ragazzo deriso e maltrattato dalla società inglese che ha dovuto lottare contro un'infanzia difficile, un'adolescenza ribelle, una vita piena di dolore, contro dipendenze varie e contro lo spettro della morte che più volte ha bussato alla sua porta: Eric Clapton.


 

Penso che questo nome nel panorana blues mondiale non abbia bisogno di presentazioni, un musicista che sin da giovane si è trovato subito a suo agio con la chitarra, non per niente i risultati arrivarono prestissimo, già sul finire degli anni sessanta era già considerato una leggenda.

Slowhand, così soprannominato dagli addetti ai lavori non tanto per la sua lentezza nel suonare lo strumento a sei corde ma tanto per i tempi effettivi in cui Clapton sostituisce le corde dello stesso strumento (...e questo non tutti lo sanno), nei primi anni settanta era già acclamato in tutto il mondo per il suo stile ed il suo tocco inconfondibile vantando collaborazioni con gruppi ed artisti che vanno dagli Yardbirds ai Cream, da John Mayall & The Bluesbreackers ai Blind Faith, dai Delaney & Bonnie ai Derek and The Dominos fino ad arrivare a collaborazioni con i Rolling Stones ed un certo Jimi Hendrix che amichevolmente lo chiamava "il professore".

Come però già fatto in precedenza in un altro post dedicato a Keith Richards, non vorrei togliere spazio a chi ha contribuito al successo di Clapton: la sua amata Blackie, la sua Stratocaster costruita personalmente dal chitarrista nel 1970, la Fender che ha fatto la storia del Blues.

La storia d'amore tra Blackie e Clapton è romantica e vale la pena raccontarla.


 

Era il 1970 quando Slowhand acquistò sei Stratocaster degli anni '50, ne ragala una a Stevie Winwood, una a George Harrison ed una a Pete Townshend; le 3 superstiti le smonta e con la sensibilità che lo ha sempre contraddistinto sceglie il meglio dei pezzi smontati creando così la Fender più nota e amata nella storia del rock.

Uno strumento straordinario con una struttura perfettamente bilanciata, un corpo leggerissimo con forme sinuose, un manico di proporzioni ideali e pickup particolarmente potenti per quell'epoca.

Un rapporto di reciproca ammirazione tra lo strumento e chi lo suonava, una "love story" durata per ben 20 anni interrotta, se così si può dire, solo dal tempo e dall'usura che anche l'infaticabile Blackie ha dovuto subire...il manico si assottiglia e gli slot dei tasti si allargano, verso la fine degli anni '80 non ce la fa più ed Eric decide di ritirarla.

Sarà battuta nel 2004 all'asta per quasi un milione di dollari; la rispettabile conclusione di uno strumento che ha ispirato generazioni di musicisti tra cui uno dei più grandi di tutti. Eric Clapton.