venerdì, luglio 31, 2020

Sid Vs Mick - Sane Rivalità


In qualsiasi ambito, in qualsiasi realtà, da quando l'uomo ha messo piede sulla Terra, le rivalità, le guerre fredde, i contrasti, l'antagonismo, sono sempre esistiti.
Russia - Usa, McEnroe - Borg, Paul Gauguin - Van Gogh, Ferrari - Porshe; sta proprio nell'indole dell'uomo la competizione, ed è secondo me grazie a quest'ultima che si ha la possibilità di non accontentarsi mai, di cercare la perfezione, di mettersi in discussione per non annoiarsi e non annoiare, insomma la benzina giusta per fare sempre meglio.
Come potrebbero non esistere le contese, gli antagonismi nel mondo della musica... Ricordiamo infatti i più celebri, dai Deep Purple vs Led Zeppelin, agli U2 vs REM, dai Megadeth vs Metallica, ai Nirvana vs Guns N'Roses, dai Duran Duran vs Spandau Ballet, ai Beatles vs Rolling Stones... già, gli Stones...

Dovete sapere che la band di Jagger non era vista di buon occhio non solo dai Fab Four ma anche dal gruppo punk rock britannico più influente della storia: i Sex Pistols.
Infatti l'obiettivo della punk band era proprio quello di riportare con i piedi per terra i pezzi grossi della scena rock di quegli anni, e guarda caso gli Stones erano i primi attori, mentre questi ultimi non si fecero scalfire dalle loro provocazioni pensando che il punk non fosse un nuovo genere musicale e che cercavano, malamente, di imitare il rock senza però riuscirci.
Oggi vogliamo però raccontarvi che quando in uno dei due schieramenti è presente un Uomo con la U maiuscola, anche le guerre più sanguinose possono trasformarsi in storie a lieto fine.

Sid Vicious entrò nella band nel 1977 in sostituzione di Glenn Matlock, si definiva un fan sfegatato della band, ed anche se era un vero disastro in campo musicale ( Lydon affermò che la prima prova con Sid al basso fu infernale, non sapeva proprio suonare ) grazie al suo look, alla sua attitudine punk ed al suo comportamento pazzoide riuscì a lasciare il segno.
Sid era un giovane ragazzo problematico, con alle spalle un'adolescenza burrascosa, padre assente, madre tossicodipendente, e quando conobbe Nancy Spungen, ragazza con la fama di eroinomane, l'instabilità mentale del ragazzo ebbe un tracollo definitivo.
La storia tra i due nacque infatti sotto il segno della dipendenza, dell'eccesso; Nancy a detta di Lydon, era una persona orribile, votata all'autodistruzione ed il suo stile di vita l'ha portata alla morte il 12 Ottobre del 1978, in una camera d'albergo che condivideva con Sid Vicious, ritrovata pugnalata in una pozza di sangue.
Non sapremo mai se sia stato lui ad assassinarla o se sia stato un suicidio o un incidente, i due amanti erano sempre strafatti e come afferma Loyd "di misterioso in questa morte non c'è proprio niente", perché chiunque abbia mai avuto a che fare con certe sostanze sa benissimo che certi "incidenti" possono accadere.
Purtroppo però nascondersi dietro certi alibi non è servito a nulla, Vicious era l'unico presente sulla scena del crimine e di conseguenza venne accusato di omicidio ed arrestato.

Vicious si ritrovò così dietro le sbarre, finanziariamente al tracollo, Malcolm McLaren, il manager della band, non alzò un dito per aiutarlo, la situazione sembrava ormai definitivamente compromessa quando un ragazzo poco più grande di lui che divenne famoso intonando " Satisfaction" si accollò tutte le spese legali garantendo a Sid gli avvocati che lo seguirono durante la vicenda giudiziaria.

La turbolenta vita di Sid Vicious si interruppe bruscamente 4 mesi dopo a causa di una overdose.
Jagger non pubblicizzò mai questo suo nobile gesto, si sentì in dovere semplicemente di aiutare una persona in difficoltà, amico o "nemico" che fosse.
Stay Rock

venerdì, luglio 24, 2020

Booklet & Cover disco





(da in alto a sinistra: 1984, Van Halen -1983; The Dark Side of the Moon, Pink Floyd -1973; Houses of the Holy, Led Zeppelin – 1973; Axis: Bold As Love, The Jimi Hendrix Experience -1967: Strange Days, The Doors -1967; Born in the USA, Bruce Springsteen -1984; Abbey Road, The Beatles – 1969; The Velvet Underground & Nico, Velvet Underground -1967).



Abbiamo dischi il cui artwork è frutto di una collaborazione diretta con l’artista, che interviene attivamente nel definire l’identità (se non altro visiva) dell’oggetto-disco. L’idea che in un dato periodo storico (sommariamente, tra gli anni 60 e l’inizio dei 90) estetiche, percorsi, e immaginari di rottura furono veicolati da prodotti di largo consumo in grado di raggiungere un pubblico che altrimenti difficilmente li avrebbe intercettati, contribuendo a un generale “risveglio di massa” nelle coscienze dei giovani figli del boom.

Agli inizi anni ’90, ricordo gli acquisti dei primi CD (Compact Disk) musicali; il nuovo formato audio con qualità sonora migliore e la grande capacità di immagazzinamento del supporto ottico rispetto alle mitiche cassette. Inoltre, i CD permettevano di poter dare maggiore rilevanza a tutto il progetto artistico attraverso il cofanetto che conteneva le cover, con il formato più visibili, le grafiche ed i vari contenuti espressi nell'opuscolo che pagina dopo pagina descriveva il testo delle canzoni e la rappresentazione visiva dell’artista: la giusta via di mezzo tra il vinile e le già citate cassette.

In un negozio di musica la scelta avveniva tra i vari scaffali scrutando e curiosando alla ricerca della “sorpresa” qualcosa che attirasse per l’originalità dell’immagine; dal titolo o dalla grafica utilizzata etc..In definitiva che stuzzicasse l’appetito all'acquisto: dal desiderio di immergersi nel mondo, anticipato dalla copertina prima, e poi contenuto nel librettino.

Alcuni booklet non sono solo testi e parole delle canzoni ma scrigni di pensieri, dediche e immagini che rappresentano e valorizzano quanto poi è inciso con le note musicali. La storia ha sancito che non sempre l’importanza o la popolarità degli album sia dovuto “solo” alla musica ma si evince come il prodotto artistico sia tout court di parole, musica e IMMAGINE: molte considerate vere e proprie opere d’arte. Di contro, ci sono dischi la cui qualità in senso musicale è altamente discutibile ma che nonostante questo rappresentano dei tasselli importanti nella storia della musica , solo grazie alla loro copertina.

La copertina di un disco in molti di casi condensa l’indefinita serie di attività che portano al disco o di cui lo stesso rappresenta un punto di snodo. Dagli anni Settanta, gli artisti incominciano a intendere la loro pratica non più in funzione del prodotto finale (l’oggetto/opera da esporre in un museo e/o vendere in una galleria) ma come processo – un termine che diventa parola chiave – un fenomeno che la critica d’arte americana Lucy Lippard nel 1973 definisce “dematerialization of the art obejct”. In questo modo, tutta una serie di pratiche prima considerate “collaterali” diventano elementi fondamentali della pratica artistica, per esempio il lavoro dell’artista in studio così come la produzione di libretti, poster, cartoline e dischi per l’appunto.

Vi suggerisco un grosso volume uscito nel 2017 per Taschen (450 pagine in formato quadrato 29×29 cm) dal titolo di per sé rivelatore: Art Record Covers raccoglie 500 copertine di dischi “d’artista”, vale a dire copertine firmate da artisti visivi – anche molto noti – dagli anni ’50 fino ai giorni nostri. Libro che mette in fila i contributi all’industria discografica di nomi quali Salvador Dalì, Jean-Michel Basquiat, Damien Hirst, Andy Warhol (suo il John Lennon in sovraccoperta) e decine e decine d’altri.

Oggi ci troviamo nella generazione dei booklet digitali. Un file in formato PDF ottenibile con l'acquisto di un album musicale su un negozio di musica digitale. Si tratta di un file formato da diverse pagine contenente foto, testi, crediti e tutto ciò che solitamente è contenuto e rintracciabile nei libretti venduti all'interno degli album musicali nella loro versione standard, acquistabile nei negozi di dischi.

Il primo esempio di booklet digitale è stato reso disponibile il 23 novembre 2004 in occasione della pubblicazione dell'album How to Dismantle an Atomic Bomb degli U2 sulla piattaforma digitale della Apple iTunes Store, la più diffusa al mondo.

Viva l'Arte!

venerdì, luglio 17, 2020

Rock e Scienza





Una scoperta di qualche anno fa ha davvero dell'incredibile.
Siamo nel 2012 ed in California, più precisamente alla UCLA, due docenti, Daniel Blumstein, ordinario del Dipartimento di ecologia e biologia evoluzionistica e Gary Bryant, docente di scienze della comunicazione, conducono uno studio analizzando le colone sonore dei film.
Per la precisione 102 colonne sonore di film appartenenti a quattro generi: avventura, drammatico, horror e guerra. Ben presto lo studio rivela che ogni genere è contraddistinto da una composizione musicale ben definita, per esempio nel genere drammatico si prediligono bruschi cambiamenti di frequenza, verso l'alto e verso il basso, nel genere horror invece hanno suoni molto distorti e grida, soprattutto di voci femminili.
E così lo studio, con l'aiuto del compositore Peter Kaye, si sposta su un piano di sperimentazione.
E dopo aver creato musiche originali sulla base dei vari parametri musicali identificati, vennero presentate e fatte ascoltare ad un gruppo di volontari sottoposti a differenti condizioni.
Come scrive lo stesso Blumstein nell'articolo pubblicato sulla rivista Biology Letters: "Abbiamo voluto vedere se era possibile aumentare o sopprimere i sentimenti di chi ascolta in base a ciò che sta succedendo in contemporanea alla musica".
Durante l'esperimento ai volontari veniva fatta ascoltare musica in modalità neutra, senza distorsioni o cambi di ritmo, oppure veniva presentata con un crescendo di volume e distorsioni. Tutto questo per ottenere poi dai partecipanti una votazione riguardo alla felicità o tristezza che generava l'ascolto.
Il risultato fu che la musica generata da distorsioni fu valutata come più emozionante, ma anche carica di emozioni negative. Ascoltare musica rock distorta pare sia simile all'ascolto di grida di animali in difficoltà. Ci genera emozioni forti, animalesche. Per questo Gary Bryant ha affermato che: "Questo studio aiuta a spiegare perché la distorsione del rock eccita le persone: tira fuori l'animale in noi"

Lo studio poi è proseguito abbinando all'ascolto dei medesimi brani la visione di brevi video neutri ( persone che camminano per strada o persone che sorseggiano un caffè) ed il risultato generato dagli stessi volontari fu che distogliere la concentrazione dal solo ascolto faceva perdere ogni stimolo. Tutta la musica veniva percepita in modo più neutro.

Quindi ascoltate la musica rock , sempre, ma mi raccomando....rigorosamente al buio ed in silenzio….con meno distrazioni possibili.

P.s.:  A questo link trovate l'articolo presente sulla rivista Biology Letters

venerdì, luglio 10, 2020

Identità musicale: John Bonham - Led Zeppelin


Ritorna finalmente una delle rubriche che i lettori del nostro blog hanno amato di più: Identità Musicale, cioè quei grandi musicisti che hanno lasciato una vera impronta nel mondo della musica rock.

Per ripartire alla grande abbiamo scelto un musicista che nonostante abbia lasciato il mondo terreno a soli 32 anni è ancora oggi uno dei punti di riferimento di tutti i batteristi rock: John Bonham.

Per darvi un'idea di quanto la sua figura fosse importante vi basti pensare che alla sua morte i Led Zeppelin, che a quel tempo dominavano la scena musicale in tutto il mondo, decisero di sciogliersi con questo comunicato:

“Desideriamo rendere noto che la perdita del nostro caro amico e il profondo senso di rispetto che nutriamo verso la sua famiglia ci hanno portato a decidere – in piena armonia tra noi ed il nostro manager – che non possiamo più continuare così come eravamo”.

John Bonham nacque il 31 Maggio del 1948 nella cittadina inglese di Redditch nel Worchestershire, e già fin da piccolo nutrì una passione per tutto quello che era percussione; una frase tratta dalla sua biografia scritta dal fratello minore Mick Bonham descrive esattamente l'infanzia percussiva di John:

“Durante i primi anni mi accorsi che John aveva la passione di percuotere gli oggetti: barattoli di biscotti, scatole di dolcetti, qualsiasi cosa producesse un suono. Per me quello fu un periodo particolarmente stressante, perché scoprii che anch’io facevo parte della finta batteria di John. Ma fu quello l’inizio della sua grande carriera”

Per evitare che la sua prima batteria diventasse effettivamente il fratello all'età di 10 anni la madre di Bonham gli regalò il suo primo rullante e successivamente il padre gli regalò un Drum kit della Premier. La cosa curiosa è che Bonham nella sua vita non prese mai nessuna lezione di batteria ma si limitò a chiedere consigli ai vari batteristi della sua città.

Durante il periodo scolastico Jonh formò vari gruppetti locali ma gli inizi non furono facili. Il suo modo di suonare veniva ritenuto troppo rumoroso tanto che i locali della zona vietarono le esibizioni di qualsiasi gruppo che avesse Bonham alla batteria.

Ma John non si scoraggiò tanta era la sua travolgente passione per le percussioni e per la maniacale idea di sound che andava ricercando; continuò lo studio autodidatta della batteria per ore e ore al giorno  tanto da trascurare i doveri famigliari visto che la sua giovane ragazza del tempo, Pat Phillips, era incinta. Pat continuò a chiedere invano a John una sicurezza economica e un lavoro stabile che permettesse alla loro nuova famiglia di cominciare una vita insieme, ma questi non erano i piani di John.

Così nel 1968, insieme all'amico Robert Plant, conosciuto tramite collaborazioni in band precedenti, formarono i Led Zeppelin. Nell'ottobre dello stesso anno si chiusero in sala di registrazione e registrarono il loro primo album dal titolo omonimo. Solo 13 ore per un album che permise a John & Co. di cominciare la loro scalata verso il successo mondiale.

Personaggio bizzarro, Bonham trascorse tutti gli anni settanta vivendo di eccessi. All'inizio della carriera, John era talmente mansueto da venire soprannominato "Bonzo" come il cane di un cartone animato; il lavoro con gli Zeppelin lo costrinse a vivere lontano dalla famiglia, che amava profondamente, e questo provocò in lui un vero shock, perché da ragazzo della campagna inglese quale era, si ritrovò a essere una superstar acclamata da milioni di persone, perennemente in viaggio lontano da casa. Il colpo più duro per lui fu quando i Led Zeppelin decisero di trasferirsi come base negli Stati Uniti; accentuò profondamente la sua dipendenza agli alcolici tanto da provocargli repentini  e violenti cambi di umore e personalità, tanto da guadagnarsi il soprannome di "the Beast".

Aldilà però della sua vita di eccessi che lo portarono alla prematura morte, john registrò 9 album con i Led Zeppelin che sono considerati universalmente le basi su cui si fonda la batteria del rock e dell'Hard Rock. 

Ritmi mai banali, sempre ricercati ed originali sia tecnicamente che come gusto musicale, ed è soprattutto a lui che si deve l'enorme successo della band. 

Per questo motivo nel 2011, a seguito di un sondaggio condotto dai lettori di Rolling Stone Magazine, è stato insignito del titolo di "miglior batterista di tutti i tempi"collocandosi al primo posto della classifica "Best Drummers of all time".

Così Bonham raccontava in un'intervista il suo rapporto con la tecnica e la teoria, che è lo spirito delle vere Identità musicali:

«Agli inizi ero interessato alle partiture musicali ed ero abbastanza bravo e veloce nella lettura, ma quando cominciai a suonare con i gruppi feci l'enorme sbaglio di abbandonare lo studio. Credo che sia fantastico essere capaci di scrivere le proprie idee in forma musicale, ma credo anche che nella batteria il feeling sia molto più importante della mera tecnica: è fantastico suonare un triplo paradiddle… ma chi si accorge veramente che lo stai facendo? Se fai troppa attenzione alla tecnica, finisce che inizierai a suonare come ogni altro batterista. Credo che quello che conti veramente sia essere originale. Quando ascolto altri batteristi, mi piace poter dire "wow… carina questa cosa, non l'avevo mai sentita prima!". Credo che essere te stesso come batterista sia molto più importante che suonare come chiunque altro.»

Bohnam divenne anche innovativo anche nella sua continua ricerca del suono, dell'accordatura giusta, e nel tempo affiancò al suo Drum kit anche elementi percussivi come Bongo e congas, e timpani sinfonici. 

Alcuni ritmi usati nei brani dei Led Zeppelin sono ancora oggi la base di studio di molti batteristi; Celeberrimo è il ritmo della canzone Fool in the rain e il mitico assolo contenuto nel brano strumentale Moby Dick.

Addirittura gli altri componenti della band decisero che l'assolo doveva essere messo fisso ad ogni scaletta dei loro tour tale era la sua originalità e bellezza; un assolo non solo tecnico ma anche con diverse timbriche e armonicità che erano impensabili a quel tempo per uno strumento "sordo" come la batteria.

John venne trovato morto il 25 Settembre del 1980 in una stanza della villa di Jimmy Page a Windsor, utilizzata all'epoca per le prove. Era stato messo lì la sera prima dagli altri componenti per permettergli di smaltire l'ennesima sbornia presa durante una festa. E' pazzesco pensare che musicista sia diventato in così pochi anni di vita, e chissà cosa avrebbe potuto fare se fosse ancora oggi vivo.

Fortunatamente la sua musica vivrà in eterno!!!

IL DOGUI

venerdì, luglio 03, 2020

The Beatles: il Mistero si infittisce




I nostri storici lettori sicuramente ricorderanno i post Dreamkoma di qualche anno fa dove abbiamo analizzato con attenzione tutti i messaggi occulti che una delle band più famosa al mondo (forse la più famosa) inseriva nelle foto delle copertine delgi album, nei titoli e nei testi delle loro canzoni.
Stiamo logicamente parlando dei Beatles, i 4 ragazzotti di Liverpool inseriti a pieno titolo nella storia musicale mondiale.
Il gruppo dei Fab Four è sempre stato accompagnato da un alone di mistero, forse voluto, forse no, forse qualche strategia di marketing, comunque al loro obiettivo sono riusciti ad arrivare senza troppe difficoltà. I famosi misteri che hanno da sempre stuzzicato le curiosità dei fan vanno dalla presunta morte di Paul McCartney annunciata da un DJ ai messaggi satanici comprensibili solo ascoltando al contrario il brano, alle simbologie occulte presenti nelle copertine degli album "Abbey Road" e "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band".
Oggi vogliamo invece soffermarci sul mistero più duraturo per i Beatlemaniaci; più che mistero oserei quasi dire un gioco di illusionismo degno del miglior David Copperfield... era il 1962 quando Brain Epstain, manager della band, acquistò per 161£ (pari quasi a 4.600$ odierni) due splendide Gibson acustiche J-160E, una della prime chitarre elettroacustiche prodotte dalla Gibson Guitar Corporation, ottenuta inserendo un pick-up singolo, un controllo di tono ed uno di volume in una chitarra acustica, ottenendo così un prodotto ben apprezzato da musicisti del livello di Barry Gibb, Elvis Costello, Steve Marriott e...George Harrison e John Lennon.
La Gibson venne utilizzata per la prima volta da Lennon ad Abbey Road durante l'incisione di "Love Me Do" e "P.S. I Love You" ed anche se Lennon la utilizzò per un periodo relativamente breve compose molti altri successi da tutti noi conosciuti fino al 1963 quando la suonò insieme ad Harrison durante la registrazione di una puntata di "Thank You Luchy Star".
Sempre nel 1963 alla fine del leggendario concerto di Natale al Finsbury Park Astoria Theater di Londra, la chitarra venne rubata...venne smarrita...venne dimenticata...quello che accadde in realtà non si è mai scoperto e non si è mai saputo, l'unica cosa certa è che il tecnico di allora, un certo Mal Evans, non dormì sonni tranquilli, definì infatti l'episodio della sparizione uno dei momenti più bassi della sua carriera (e come biasimarlo), oltretutto Lennon giocò molto su questo episodio continando a dire al povero malcapitato che avrebbe definitivamente perso il suo lavoro se non avesse ritrovato il prezioso strumento.

Il mistero si infittì quando la sei corde 4 anni più tardi riapparve come per incanto in un negozio di chitarre a San Diego e nessuno ricordò come ci arrivò. Non sapendo la storia e soprattutto la provenienza dello strumento, venne rivenduta ad un ragazzo per 175$ che prima la strimpella e successivamente la rivende allo stesso prezzo ad un amico che casualmente, durante una lezione di chitarra, vede sulla copertina della rivista "Guitar Aficionado" una foto del figlio di Harrison che imbraccia che cosa? La J160-E del padre, copia identica della sua. McCaw, questo  il nome del ragazzo fortunato, nota che il numero di serie della Gibson in copertina è molto simile al numero di serie della sua, insospettito contatta l'autore di "Beatles Gear Andy Babiuk" che autentica la chitarra come quella di proprietà di Lennon.
Il ragazzo stupito rilasciò poi una dichiarazione dove affermò che per lui quella chitarra era troppo, non aveva più il coraggio di tenerla in casa.
La Gibson J160-E appartenuta seppur per breve tempo a John Lennon è stata battuta all'asta nel 2015 durante le audizioni di Julien's Live a Beverly Hills superando tutte le stime, è stata infatti venduta alla cifra record di 2,41 milioni di dollari ad un compratore anonimo.
Mistero risolto? Non direi...la mia domanda è: perchè McCaw l'ha ceduta a cuor leggero? Solo per una forma inaspettata di rispetto? Se avremo delle novità in merito vi faremo sapere.
Rock and Roll.