venerdì, ottobre 30, 2020
Steve Vai, il provino improbabile
venerdì, ottobre 23, 2020
ESSERE O NON ESSERE TRIBUTE/COVER BAND?
venerdì, ottobre 16, 2020
L'eternità in questo 2020 : The Rolling Stones
Che fosse un anno funesto lo si poteva già immaginare dato che il 2020 è un anno bisestile e nella cultura popolare sono sempre stati portatori di sventure e disgrazie. Ma nessuno avrebbe potuto pensare di dover affrontare un anno talmente nefasto da dover ricercare motivi e stimoli di sopravvivenza e di speranza. Ma siamo fortunati, e noi amanti del rock, in pieno lockdown abbiamo trovato la forza nella musica delle band che hanno attraversato ogni epoca con sfrontatezza e coraggio. E chi meglio dei Rolling Stones ci ha insegnato la resilienza. " Ok ti farò sapere", era il lontano 1976 e questa fu la risposta di Keith Richards ad un cronista che gli chiedeva quanto ci avrebbe messo a tirare le cuoia. Non era certo il manifesto della salute, ma Keith aggiunse anche " Ho una notizia per voi bastardi: vi seppelliremo tutti". Ed aveva ragione lui. Poche settimane fa, in questo 2020 maledetto, i "vecchi" Rolling Stones sono stati primi in classifica con un disco del 1973, Goats head soup, che all'epoca fu bollato come il disco del declino. Hanno sfidato tutti e tutto e sono ancora qua, con un aurea di eternità che li rende magici. Era il 1977 e si sfiorò una crisi diplomatica per una scappatella tra lo stesso Keith e la signora Maggie, moglie del primo ministro canadese; si schierarono politicamente quando alla caduta del muro di Berlino accettarono l'invito del presidente Havel per un concerto gratuito a Praga con lo slogan "Tanks are rolling out, The Stones are rolling in"; nel 2006 per un concerto un Cina evitano la censura di Stato che poneva il divieto su alcuni loro brani dichiarando "Chi se ne frega, abbiamo altri 200 pezzi !"; dopo il concerto a Cuba nel 2016 contestano la visita del Papa, che avviene qualche giorno dopo, con parole al vetriolo "Ha una bella faccia tosta, quello: un anno che ci lavoriamo e arriva lui ? Che aspetti il suo turno". L'immortalità passa anche dalla voglia di dire e fare quello che si vuole, sempre, contro tutti e contro tutto. 1982, durante il mundial azzurro, si permettono di trattare a pesci in faccia gli Agnelli, promotori del tour degli Stones in Italia.
Malavita, dolce vita e saper stare al mondo, nel mondo. Ed ora si preparano a pubblicare il nuovo album dopo ben 16 anni, mentre tutta l'industria della musica paga lo scotto del Covid, ed a proseguire la loro carriera fino al 2022-2023, celebrando i 60 anni di attività e gli 80 anni di Keith e Mick. Gli immortali non si arrendono mai.......grazie Stones per il vostro insegnamento.
venerdì, ottobre 09, 2020
Identità Musicale: Omaggio ad Eddie Van Halen
So che è banale scrivere un post per un artista recentemente scomparso, ma la prematura morte di Eddie Van Halen non rende questo fantastico chitarrista un mito.....perchè lo era già da vivo!!
Edward Lodewijk van Halen, detto Eddie, era il minore dei due figli di Jan Van Halen, sassofonista e clarinettista Jazz di Amsterdam, e di Eugenia Van Beers. Cresciuto fino a sette anni in Olanda si trasferisce poi con l'intera famiglia a Pasadena, negli Stati Uniti.venerdì, ottobre 02, 2020
Clapton falling in love with Blackie...
Oggi la nostra attenzione sarà rivolta al figlio di una ragazza madre cresciuto con l'illusione che i nonni fossero i genitori, al ragazzo deriso e maltrattato dalla società inglese che ha dovuto lottare contro un'infanzia difficile, un'adolescenza ribelle, una vita piena di dolore, contro dipendenze varie e contro lo spettro della morte che più volte ha bussato alla sua porta: Eric Clapton.
Penso che questo nome nel panorana blues mondiale non abbia bisogno di presentazioni, un musicista che sin da giovane si è trovato subito a suo agio con la chitarra, non per niente i risultati arrivarono prestissimo, già sul finire degli anni sessanta era già considerato una leggenda.
Slowhand, così soprannominato dagli addetti ai lavori non tanto per la sua lentezza nel suonare lo strumento a sei corde ma tanto per i tempi effettivi in cui Clapton sostituisce le corde dello stesso strumento (...e questo non tutti lo sanno), nei primi anni settanta era già acclamato in tutto il mondo per il suo stile ed il suo tocco inconfondibile vantando collaborazioni con gruppi ed artisti che vanno dagli Yardbirds ai Cream, da John Mayall & The Bluesbreackers ai Blind Faith, dai Delaney & Bonnie ai Derek and The Dominos fino ad arrivare a collaborazioni con i Rolling Stones ed un certo Jimi Hendrix che amichevolmente lo chiamava "il professore".
Come però già fatto in precedenza in un altro post dedicato a Keith Richards, non vorrei togliere spazio a chi ha contribuito al successo di Clapton: la sua amata Blackie, la sua Stratocaster costruita personalmente dal chitarrista nel 1970, la Fender che ha fatto la storia del Blues.
La storia d'amore tra Blackie e Clapton è romantica e vale la pena raccontarla.
Era il 1970 quando Slowhand acquistò sei Stratocaster degli anni '50, ne ragala una a Stevie Winwood, una a George Harrison ed una a Pete Townshend; le 3 superstiti le smonta e con la sensibilità che lo ha sempre contraddistinto sceglie il meglio dei pezzi smontati creando così la Fender più nota e amata nella storia del rock.
Uno strumento straordinario con una struttura perfettamente bilanciata, un corpo leggerissimo con forme sinuose, un manico di proporzioni ideali e pickup particolarmente potenti per quell'epoca.
Un rapporto di reciproca ammirazione tra lo strumento e chi lo suonava, una "love story" durata per ben 20 anni interrotta, se così si può dire, solo dal tempo e dall'usura che anche l'infaticabile Blackie ha dovuto subire...il manico si assottiglia e gli slot dei tasti si allargano, verso la fine degli anni '80 non ce la fa più ed Eric decide di ritirarla.
Sarà battuta nel 2004 all'asta per quasi un milione di dollari; la rispettabile conclusione di uno strumento che ha ispirato generazioni di musicisti tra cui uno dei più grandi di tutti. Eric Clapton.